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Gaja Cenciarelli

sul suo blog: http://www.sinestetica.net/

ha innescato un pacifico con/corso, che si chiama AURORALIA, un esperimento visivo/letterario basato, stimolato da una suggestiva immagine del ben noto fotografo Jerry N. Uelsmann. I testi che partecipano ( di circa 3000 battute) sono di 50 autori.

Buone letture! 

Io lodo
Tu lodi
Egli loda

Loda Alfano?
E chi è st’Alafano?
E che ne so io!
Ma ce sta scritto lodo Alfano, l’hai lodato tu?
Ma che ne so io, cazzo!!
Ma cos’è sto lodo della minchia se non lo lodi tu?!
Ollamadonnamia!! Ho detto che stava scritto lodo Alfano io credevo che lo lodavi tu…
Ma se non so nemmeno che è st’Alafano! Te l’ho detto prima no!
Io tenevo un collega al Municipio che faceva Alfano Letterio, era di Messina, scanzafatiche, e io manco pe’ sta minchia lo lodavo che stava sempre rintanato ni n’uno stambugio a fare parole cruciate, già!
Ahhh ahhh! Ma non era lui l’Alfano che dico io, no!?
E chi è allora?
M’ha detto mio fratello ch’è quello che loda a Berlù!
Cioè Berlù lo loda, e perché?
Dice che gli fa da manutengolo: se lo arruffiana, hai capito!?
No, quello di Messina, no, non era lui.
Ho capito che non era lui, orcamiseria!
Cioè, sì: sarebbe che questo Alafano si inciuccia a Berlù e ci tiene il màndolo?
Il bàndolo si dice, hai capito: il bandolo della matassa….
E chi è Matassa?
Ma vaffanculo! Sarà il cognato di Alfano, quello che loda a Berlù! Tutti e due lodano a Berlù e si fanno ‘na posizione, per loro e la famiglia, figli e nipoti pure, hai capito! Noi no!
E perché pure noi non lodiamo a Berlù!? Magari ci sistemiamo, magari ci aumentano ‘sta penzione ch’è ‘na miseria!
Io ‘na volta lodavo a Berlù, davvero, perché faceva ‘na bella figura all’Italia, poi co’ ’sto fatto che ha toccato il culo a la regina Alisabetta mì è sembrato scostumato troppo, già, pure co le veline minorenni ci fa ‘na figura poco dipplomatica, per dire…
Allora noi lodiamo Alafano e Matassa, magari è meglio!

  E’ morto un mio caro amico pittore, venerdì scorso, Piero Ruggeri, anni 79, uno dei migliori pittori astratti italiani, secondo me il migliore della sua generazione. Era bravissimo, straordinario, coerente

  Vinse il Premio Guggenheim a New York nel 1961, esultò ma ne trasse un’amara lezione sul rapporto arte – mercato. Ne ho un ricordo vivissimo nei discorsi schietti che mi aveva fatto, nelle lezioni che mi aveva dato quasi sempre nel nostro dialetto che non si vergognava affatto di parlare.

     Nuova soglia, nuovo uscio ricco di calde venature di noce scuro, lucido, decisamente ben conservato, con almeno duecent’anni di vita, quindi una stanza rettangolare vasta, una sala quasi da museo, piuttosto bassa, palchettata e odorosa di cere. Le pareti erano rivestite di tappezzeria in tessuto damascato verdazzurrino, su questa molti quadri, dipinti o stampe, paesaggi e ritratti, incorniciati in listelli dorati o in nero guillauchè, al centro un elegante tavolo ovale sicuramente della prima metà dell’800, a terra due grandi, spessi, tappeti persiani, con dominanti di rosso. Msr. Reverdin mentre procedeva verso un’altra porta, a destra, fece segno al timido ospite di accomodarsi su una delle sobrie sedie e poltroncine in stile Luigi XV.
L’ospite rinfrancato dall’ultimo sorriso del Monsieur, posò la sua borsa valigia su di una poltrona, quindi si sedette cautamente, non prima di aver fissato, tastato, palpato, scosso leggermente la sua sedia antica per verificarne la solidità strutturale e per osservarne anche i decori. Bruno vi si accomodò, ne seguì un moderato scricchiolio, trasse un sospiro e il suo sguardo circolare, fu subito attratto, non per caso, da un’opera rettangolare che faceva, in pratica, da sovraporta all’uscio sulla destra, ora chiuso, che aveva imboccato poc’anzi Reverdin. Bruno si mise a fissare quella che sembrava un mappa simile a quelle “sue”, dell’Atalante. Si alzò allora di scatto per recarsi più vicino, inforcò gli occhiali, si spinse sulle punte dei piedi, e studiò attentamente il pezzo che era davvero simile nella grafica e nelle didascalie al suo tesoro, anzi, in questo singolare arcipelago che vi era effigiato, trovò una certa isola che recava il medesimo nome di una delle “sue” cioè, Nueva Carkapentron. Sulla parete contigua scoperse un’altra “opera”, un’altra mappa più grande, parecchio scura ed ondulata, sembrava davvero pezzo antico, le linee, i profili erano trattati più sommariamente, geometricamente, le iscrizioni erano poche e come abrase, consunte per quanto vi fossero molti raggi e misurazioni in miglia marine inglesi, in basso un firma intorcinata, diceva forse Cpt. Zabaldan H.

            

             Mi son comprato ‘sto trenino di legno ‘ n Via Bertolè da ‘n moro indiano, però bravo – fa Zambòn
Ecchecazzo! Alla tua età te metti a giucare comme nu piccirillo?! – irride Sperandio
Ma va in mona! L’ho comprato per i miei nipotini, noooo! – risponde Zambòn
Aaah! Per i nipotini…. Se diceva per ridere… Zambòn – si scusa Sperandio
Ero lì , insoma, che cercavo nel muchio e ho preso ‘l trenino e un altro terone, picolo e nero, ma bianco di capelli, come te, mi fa: Ma a che serve quello, cosa sarèbbissi? – aggiunge Zambòn
Maronnamia: ho capito occi ci hai la luna storta e nira….. – scuote la testa Sperandio
Insomma quelo lì, alto come un taburètto, non capiva mica gnente, ci ho detto: Serve a far giocar i miei nipotini che si chiamano Alesandro e Giacomino, per cui ogni vagoncino c’ha na lettera apposta, capito, cioè un G e una A, maiuscole ! – spiega Zambòn.
Ahhhh, aggio capito benissimo, vai avanti, bel recàlo hai fatto! – commenta Sperandio
Bel regalo del cazzo, nèè, pagato un euro scommetto, avaraccio, eh eh eh! – svegliandosi Carlo ‘l fotografo dal rincoglionimento solito
Mona anca tiìììì, Carlo: qui non si può mai parlare, insomma, ho capito quello lì era siciliano perché mi fa anche: A famìgghia inanzi tutto, hai fatto beni d’accattari u trenino per i nipoti, minchia…. – spiega Zambòn
Un euro è sempre ‘na cifra… – comenta Billy o zamarro
Oh, maaaa, mariavergine, Va a cagare, te, Billy! Volevo dire che quello lì, ‘l siciliano, tutto casa e famiglia, magari è mafioso, capito, c’aveva ‘na faccia…. – inseverisce Zambòn
La mafia è ‘na piaga – fa Billy o zamarro
Fino a lì c’ero arrivato anch’io….- fa Carlo
Pustulenta – aggiunge Billy
Purulenta, scemo!! – fa Carlo
Purulenta, pure lenta… polenta, polenta e polentoni fuori da i coglioni, cazzo, ah ah ah!!! – sghignazza come un pazzo Billy
Te, scemo, un giorno o l’altro ti mando un medico del Psichiatrico a casa! Ma sai che sei cretino forte!!! – s’incazza Carlo
Insoma, orca d’una vaca, qui è sempre la solita storia: uno vuol dire, spiegare una cosa e mica ti lasciano parlare, ma ma ma, mariavergine! – intristisce Zambòn
Non te la pigliare, è chisto originale, Billy, ca tiene sempe a pazziààà – cerca di ammolcire Sperandio
Anche Berluscù è ‘n oricinale, anzi n’orinale, nu pitale…..Ah ah aha!!! – saltella Billy e scappa
Ohhhhcccristoooo!!! – scuotendo la testa Carlo il fotografo