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Quando che la Gina venne a sapere di Irina, fece prima finta di niente.
Uscì dicendo che tornava subito; con una rabbia nera addosso prese la macchina, i guantoni rossi di quando Ernesto boxava, da ragazzo, e a tutta velocità partì verso la Polonia periferica.

Ernesto, non vedendola tornare, dopo le nove scodellò i tajarìn se no scuocevano che era un peccato.
A Cracovia nel frattempo Irina e Gina si scodellavano a vicenda delle gran botte sul muso, e tirate di capelli, e graffi e pugni e morsi anche, che se l’avesse saputo Ernesto si sarebbe pulito la bocca dal sugo.
Per addormentarsi davanti alla tivù dopo un grappino con la mosca, negando tutto di fronte a quella pazza scatenata di Gina.
"E poi" le avrebbe detto un po’ gelido, con una punta di rancore che ancora gli bruciava il cuore "di cosa puoi essere gelosa, tu? eh?"

Dopo anni di paccottiglie inutili e "scatoline preziose"  (che ho già le mie…) ecco finalmente una raccolta seria e bellissima: Paolo, corriamo in edicola!!

Di polvere e vecchi giornali, metallo e fil di ferro, il picoclo telaio, messo lì a guardia di strani dizionari, guide e volumi rari......(sempre aspettando Paolo, al quale dedico questa bicicletta))

"La gialla sui gialli": aspettando il Tour......o aspettando Paolo?

Spuntano le margherite. I lioni sul vaso grande non ruggiscono più.

A sinistra Edwige, cieca ad entrambi gli occhi, e appèrccciòcchè visionaria.

A destra il bambinello, compunto, inturbantato e bello.

Quel giorno decise di mangiare scarola.

Anzi lo decise il giorno prima quando al mercato non resistette dal comprarne tre fasci.

Tagliò le punte rovinate dal freddo mentre il lavabo si riempiva d’acqua.

Nell’acqua ci mise un cucchiaio di bicarbonato e le foglie bianche, verdi e arricciate.

Il terriccio più consistente precipitò sul fondo da sé, ma dovette sciacquare per bene ogni foglia per pulirle alla perfezione.

Con pochi gesti, sapienti.

Il ritornello le tornava in mente, provò ad accennarlo, le mancavano le parole, si sentiva stonata ma cantava dentro di sé senza sbagliare una sola nota.

Sciacquò le scarole una seconda volta.

L’acqua cominciava a bollire nella pentola.

Era sola in casa , una gran voglia di scrivere, un impulso forte, fisico, tanto quanto il volersi fare la scarola o urlare al mondo intero la più profonda delle verità.

Era rimasta colpita da un articolo sul giornale dove qualche esperto diceva che il cervello umano è una macchina sofisticata, molto più della più complessa macchina elettronica.

Forse condizionata da quella lettura percepì i pensieri che avrebbe voluto esprimere, numerosi, confusi, come una serie di files tutti "aperti" contemporaneamente davanti a sé; cercò di approfondirne qualcuno, uno alla volta, ma era come se non ne avesse la chiave di accesso, li vedeva da fuori così come quel giorno vedeva se stessa.

Le succedeva spesso.

Le sembrava di avere a portata di mano la storia, composta dei pensieri e delle idee buone per costruire una trama avvincente, sincera, profonda; tutto invece restava lì lì per nascere senza mai succedere.

L’acqua stava per bollire, ci buttò il sale grosso, per non sbiadire il verde delle foglie.

Si guardava da fuori nel compiere gesti già compiuti e affinati nel tempo.

Con pochi gesti, sapienti.

E nella mente, oltre i pensieri, una canzone, sempre quella:

"Tu non cunusce è femmine ssì ancora accussì giovane."

Un ricordo perfetto.

La cantava sempre, lei, le metteva allegria.

Spesso la cantava per sfidare il marito, per smuoverlo, che allegro non lo era quasi mai.

Gli era sopravvissuta per trentasette anni.

Oggi la cantava ai nipoti.

"Curre mbraccia addu mammà ca mammà te ppò capì."

Era sicura di quello che cantava, la rafforzava quando la canzone dice chi tene mamma nun chiagne. (chi ha la mamma non piange, non ne ha motivo).

Con pochi gesti, sapienti.

Si rivedeva nella mente con quei gesti, piccoli, essenziali ma efficaci, già eseguiti da nonne e bisnonne.

Le mani agivano da sole, sapevano il dafarsi senza disturbare la mente occupata in un altrove molto vicino, attiguo.

Mise le scarole preparate a puntino nel piatto, ad altri occhi sarebbero risultate invitanti ma lei non ne aveva più voglia.

"e passe e spasse sotto à stu balcone ma tu ssi guaglione".

inviato da cf05003025