Il tatuatore cartografo decise di iniziare dall’alluce sinistro. Se lo rimirò a lungo, l’ago tenuto tra le dita come una ricamatrice vecchia che tenta di ricordare un disegno antico, quello bellissimo, Apollo e Dafne, che aveva impunturato sul lino, cent’anni prima. Dopo il rimirare pensoso, il tatuatore cartografo si chinò sul dito intonso e lo punse per dare inizio alla raffigurazione del suo posto preferito: Mare Tranquillitatis, Luna.
disegni di cf05103025 (MarioB.)
103 commenti
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13/03/2012 a 08:51
cf05103025
bello bello bello
13/03/2012 a 18:40
sempretoniq
Un posto che conosceva benissimo: da molti anni,ormai, contemplava la luna nelle notti buone; e spesso andava, con gli occhi del suo telescopio, su quel Mare liscio di basalto, perfetto, vetroso, dove gli sarebbe piaciuto pattinare . Solo lì, mentre guardava la luna, si sentiva davvero sereno.
Con la luna nuova, invece, o con il cielo nuvoloso, gli cresceva dentro un’ansia spaventosa. Non c’era verso di calmarsi, a meno di imbottirsi di sonniferi.
Una notte, mentre contemplava – felice- la raggiera di Tycho, era stato raggiunto dall’intuizione: doveva averla addosso, la luna, per stare bene! Così, era iniziata questa storia di tatuarsela sul corpo.
13/03/2012 a 20:29
begonia
strabello
14/03/2012 a 08:31
cf05103025
grazie e buongiono, o begonia 🙂
13/03/2012 a 21:09
bri
ora si trattava di dare colore all’unghia, sbeccata e giallastra. Farne uno specchio, una pozza dove, la luna, si affacciava ammiccante.
Una tinta perlacea, o azzurro indaco, o il verde oscuro dei laghi di montagna, freddi e indifferenti alle onde. Il tatuatore cartografo cominciò a limare, tagliare, lucidare. L’unghia resisteva agli assalti. Permaneva lo sconcerto.
13/03/2012 a 22:51
opi0
Ma eccola finita la pozza e la luna nella pozza! E il bagliore! Adesso Il cartografo tatuatore poteva dedicarsi alle altre dita. Disegnò 4 gazzelle in fuga e sul tallone le zanne di un giaguaro. E mentre contemplava il risultato gli tornò im mente un sogno di molti anni prima, un sogno denso in una notte da ubriaco: Kora, la donna nera e bellissima che cantava fino a farti cadere morto stecchito, se non eri capace di legarti all’albero di una nave qualunque, come Ulisse. Iniziò a tracciarne gli occhi sul polpaccio sinistro.
13/03/2012 a 23:10
cf05103025
Ulisse, oh, Ulisse,
che navigazione estrema in quel microcosmo tra le dita dei piedi…
14/03/2012 a 08:35
cf05103025
Care Bri e Opi,
le vostre continuazioni sono bellissime.
Pare di ritornare d’un balzo alle nostre mappe narrative fantastiche cartografiche di tempo fa, bello, bello.
Non posso ora, ancora mettere ilustrazioni perché vado via dove non ho scanner etcetera.
baci
Mario
14/03/2012 a 15:15
sempretoniq
beh, ho mangiato la foglia. Mi scuso.
Ciao!
14/03/2012 a 19:02
MarioB.
Che foglia hai mangiato, o Toniq?
Qui, la tua continuazione della storia era buonissima!
Scusa me se non ti ho citato:-)
14/03/2012 a 19:13
opi0
Gli occhi Kora ebbero immediatamente un guizzo:
tu uomo,
tu uomo bianco,
tu uomo bianco tatuatore,
tu uomo bianco tatuatore cartografo,
tu uomo bianco tatuatore cartografo sonnambulo,
tu uomo bianco tatuatore cartografo sonnambulo visionario,
tu!
Raccontami che altro hai sognato in quella notte di luna e nostalgia.
Il C.T. non ebbe paura, né sgomento, né tergiversamenti e raccontò:
16/03/2012 a 09:06
cf05103025
e sognavo che volavo e tanto volavo forte che non respiravo per l’ansia e la velocità. Ero vagante tra spazi siderei tuttavia traversati da nuvole densissime.
Ad un tratto vidi un pianeta non lontano che andava trasformandosi: da tondo, si ovalizzava, poi si allungava ed emetteva propaggini e si coloriva di carne e diventava una femmina grandissima che galleggiava nello spazio a cento metri da me.
Questa allungò un dito verso di me mi ci prese su e mi sussurò: sono Venere, percorrimi tutta e studiami e tatuami bene, dove vuoi, le tue mappe strane….
16/03/2012 a 15:18
bri
tu uomo bianco caucasico tatuato
tu uomo cartografo tuttofare
tu donna non caucasica dalla pelle ambrata
tu vecchia asiatica dagli occhi a mezzaluna
tu giovane nero luccicante dai capelli elettrici
tu popolo del mondo
inhuit, mongolo, indiano, germanico, celtico, greco e latino
tu australe, equatoraile, temperato, monsonico, boreale, artico, lacustre e terrestre
marino
tu,tu
16/03/2012 a 20:49
opi0
Il cartografo tatuatore riconobbe i suoni, riconobbe i colori e terminò l’immagine di Kora. La bocca di lei se la incise sul petto.
E mentre si guardava nello specchio, pensando a quale altro irrefrenabile impulso tatuatologico avrebbe ceduto nel giro di qualche istante, sentì un formicolio sulla schiena. Si grattò e si torse per vedere. Cazzo, un disegno andava formandosi da solo, come se una formica intinta nel colore caminasse lesta, seguendo itinerari misteriosi, noti soltanto al suo istinto.
Il cartografo tatuatore osservò e, col passare dei minuti, gli parve di individuare una mappa, con i suoi fiumi azzuri, le catene montuose e le coste frastagliate, con briciole di isole. Che posto era mai quello?
17/03/2012 a 19:38
cf05103025
Il C.T. si svegliò è notò che la bocca di Kora che si era tatuata sul petto era proprio ugale a quella della gran Venere che aveva visto nel sogno. Rimase un poco turbato.
Non sapeva più se viveva sogno o vita reale.
Quindi, per raccapezzarsi, non fece altro che dirsi che il sogno è vita vera e reale.
E che forse Venere era anche Kora.
E che le formiche sono formicolii, come dice la parola stessa, per cui, camminano sulla schiena e fanno strade e le strade medesime sono reali.
E le formiche non girano in sogno ma percorrono stradette di ogni genere, ad esempio quelle sulla schiena dei tatuatori, ove stanno paesi, montagne e fiumi, (che però le formiche evitano, si sa).
Allora impietositosi per la sorte misera delle formiche che non osano attraversare nè fiumi nè torrenti, decise di disegnar tatuando tra le isole delle minuscole barchette, feluche e tartane che le traghettasero oltre le acque.
17/03/2012 a 20:00
bri
tu, tu, tu …diceva il telefono sovra-eccitato.
tu, o Kora formicolante, Venere dai nudi polpacci, schiuma maleodorante trascinata da onde ritmiche, specchio di luna, bocca carnosa.
tu, tu…
18/03/2012 a 08:42
cf05103025
Mentre il C.T. si domandava che nome mai avesse quel paese tutto suo che andava formandosi sulla sua schiena, udiva contemporaneamente un telefono di chissacchì che incessante lo avvertiva con un tu, tu tu, tutù.
Per cui penso che forse quello era il nome giusto del suo paeseschiena:Tutù.
Ma la sua Tutù non c’era più, nel paese di Tutù.
Era rimasta Kora, però.
Bisognava traghettarla nelle isole del Tutù.
Adesso.
18/03/2012 a 10:37
bri
(qui ci vorrebbe anche Misery… e, …toniq, dove sei?)
18/03/2012 a 11:11
opi0
toniq, torna subito!
p.s, fraintendesti Mario, non fare la permalosa, su!
18/03/2012 a 11:20
opi0
Kora non si muove da qui, disse la bocca sul petto del cartografo tatuatore, che spense il telefono e andò a fare una doccia. Si stupì quando vide che tutti i disegni colavano via dalla pelle. Sul fondo della vasca strisciavano verso la scarico formiche intinte nel buette, montagnole verde muschio, gazzelle gialle, lune a tre quarti, bocche di donna, isole e peli delle ascelle.
Riuscì ad acchiappare un brandello di vegetazione priima che finisse nel risucchio. Lo sollevò con due dita e vide che trattavasi di un baobab con una scimmia appesa al ramo: salvami, testa di cazzo, gli disse la scimmia, sei responsabile della mia vita perché mi hai disegnato tu. E non fare lo spiritoso.
22/03/2012 a 22:04
Irina
La luce lancinante dalle vetrate immense dell’ospedale lo abbagliò. A occhi sbarrati, per un attimo, intuì di essere salvo. Spense il collegamento mentre la barella veniva issata sulle ruote. Ma il sobbalzo gli fece riaprire gli occhi, e vide sua madre tra i volti sconosciuti che lo sovrastavano. C ‘era. Allora tornò quasi con agio nella sua quieta ombra heroica. Il suo corpo si smembrava come per le fasi di un montaggio da completare.
Il pollice, il polpaccio, il ventre, la schiena.
L’isola cominciò a dimenarsi e poi a ridere. La bocca cominciò a dimenarsi e poi a ridere. Le guardava con il cuore che sembrava fermarsi ad ogni palpito. Sentiva un respiro abbondante, sul lato sinistro, capì che era il suo. Gli uscì un rutto, forte, sonoro. Una tempesta travolse l’isola e Kora smise di ridere, sul suo ventre.
24/03/2012 a 08:43
cf05103025
25/03/2012 a 19:05
opi0
questo gli accadeva perché era INCOMMENSURABILMENTE pazzo. Sì,pazzo da legare e slegare
pazzo cartografo ambulante
circasso e scemunito,
inutile poeta
vivo
25/03/2012 a 20:07
cf05103025
e quando morì
nessuno se ne accorse,
perché scivolò via dalla vita
sciolto in un rigagnolo bluette
27/03/2012 a 23:35
Irina
V’era una formica, distrutta dalla fatica che morì travolta dal rigagnolo. E nessuno se ne accorse. E un pidocchio, caduto dalla testa di un bambino dell’asilo di San Fermo che si era grattato la testa per strada, che sopravvisse al rigagnolo ma divenne blu d’inchiostro.
Assalì un’altra testa, di lì a poco. Quella del Sovraintendente alle Arti Morbide. Un tipo pieno di ulcere al duodeno che una mattina, guardandosi allo specchio vide una piccola cosa bluette correre felice tra i suoi radi capelli. Sobbalzò per lo spavento . E morì (era anche debole di qquore). Morte inspiegabile, lo dissero tutti, mica io.
28/03/2012 a 00:16
Irina
Allora il pidocchio bluette trasmigrò in fretta e furia sul cranio della sua fantesca, corsa in soccorso del padrone. Marinette era francese veniva da Parigi. Lei era quella della foto degli innamorati alla Bastille. Aveva lasciato il marito pigro e borbottante dopo una cena a base di lumache in insalata. Di colpo, un colpo di testa. Era arrivata a San Fermo senza un soldo. Aveva trovato impiego come badante presso l’ulcerato. La paga era o.k. ma non aveva le carte in regola. Il nuovo flusso migratorio di badanti dalla Francia non era ancora stato notato dalle autorità. E comunque ora era alla ricerca di un nuovo cliente da badare. Si grattava la testa, ogni tanto, e poi si ritrovava le unghie blu. Non sapeva come spiegarsi il fatto. Comunque chiamò Irina, la sua amica ukraina, la patronessa delle badanti, feroce per i soldi, ma affidabile. Le raccontò di questo strano fatto delle unghie blu. Irina le disse che era malata, che non ne voleva saper di lei. Niente da fare. Poco dopo Marinette morì di fame, nel garage dell’ulcerato, dove si era clandestinamente rifugiata. Era un posto sperduto, lontano, nella periferia oltre il Tronchetto, dopo il mercato, oltre l’ultimo ponte, tra i clcestruzzi dimenticati del Porto Involto, abbandonato dagli anni ’70.
Da lì le visioni di Venezia era sublimi, come si suol dire. Le brume sembravano opere del destino per sguardi solitari e i soli splendenti sembravano occhi gratis città di sogno.
Ma lei non le guardò granché. Una mattina, all’ora dell’ennesima colazione mancata, con le braccia intorno alle ginocchia, morì. E il sole di luglio la imputridì nel giro di un giorno. Il pidocchio? Beh! Lui era morto da tempo. Serve che vi dica che tuttavia un rigagnolo bluette scorreva sulla fronte madida (forse marcia) di Marinette?
28/03/2012 a 09:06
bri
il pidocchio marinato in vinegrette (vinegrette?) scorreva, dunque, giù per la fronte nauseabonda e transeunte.
Venezia lo aspettava; così scivolò nel canale male-odorante.
Il rivolo manteneva una sua dignità, comunque, e scorreva, solitario e misconosciuto e visibile ai più e meno, lungo una linea di passaggio aderente al muricciolo.
slip.
28/03/2012 a 12:41
cf05103025
allora un pitòr povero e desgrasià che abitava in campo di Santa Maria dell’Orto se ne stava seduto sul bordo del Canal e non ti vedi mica ‘sto rivolo blue, e ci dice: ostia, xè proprio il blue di Metilene che ci volevo mettere in quel ultimo quadro mio prima de morir!
28/03/2012 a 17:46
opi0
e lo fece entrare, il rivoletto bluette, travasandolo con l’ughia del pollice dentro un barattolo a chiusura ermetica che aveva recuperato dalla spazzatura del laboratorio analisi, di via Ne pas de qua. Se lo mise in tasca e si diresse verso il ponte dei sospiri, in Venice, ove soleva dormicchiare, chiedere danè ai passanti e fingere di dipingere un capolavoro. Strada facendo, nel barattolo (grazie a misteriose reazioni chimiche tra l’inchiostro e il residuo urinario del signor G. pensionato arteriosclerotico che in gioventù aveva solcato i mari) si formò un essere del tipo “scimmia di mare”, quella che per anni è stata venduta non si sa a chi e perché sulle pagine della settimana enigmistica.
Quando il vecchio pittore arrivò sul ponte, tirò fuori il barattolo per farne buon uso insieme al carminio recuperato dalla colatura sanguigna di un porco acciso dalla famiglia Esposito. Ma quale fu la sua sorpresa nel vedere che dietro il vetro si agitava con frenesia e anche malumore un mostricciattolo bluette!
28/03/2012 a 19:42
cf05103025
Alora il pitòr che se ciamava Bertin, disse:
Ho creato un mostro marino meraviglioso!
Oh, natura natura, no ti xe sempre matrigna, ti!
E si pensava di rivolgersi a qualche turista nipponico onde vendere il prodotto a ‘na bella cifra e ciaparse un qualche sghei per pagare n’affitto decente e magnarse un po’ cene come si deve e di beverse ‘na trentina di ombre di amarone per consolarse di ‘sta vita grama e merdosa.
29/03/2012 a 21:48
opi0
Scusi, signole: quanto costa ‘sta closta? chiese il cinese che rispondeva al nome di 秋露珠 qiū lù zhū (rugiada d’atunno), ermafrodita e ultimo discendente della dinastia ming.
30/03/2012 a 09:00
cf05103025
Il Pitor, esterefatto, ci disse al cinès:
Un momento, un momento, ‘ndemo piàn questa no la xè na closta! Ma ‘n mostro marino miniaturizzato che abitava ‘n fondo ‘sta Laguna da epoche immemorabili che ‘n patriarca de nome Calisto, o Calista, ci fece na maledizione sopra che era ‘n demonio gigantesco ma così co ‘sto scongiuro el xè diventà minuscolo che servirebbe anche come ciapamosche, per dire, che se sa in Cina de mosche ce n’è un bel bordelo.
Cioè se un apre ‘sta scatola e ce da il comando il mostro bluette te magna trecento mosche in un colpo, risana l’aria e poi se ne ritorna in scatoleta.
Nol costa caro, solo 500 euro, xè una ocasion mondiale!
Xè una specialità lagunare!
30/03/2012 a 21:14
opi0
aiut! disse il cinese quando la scimmia di mare gli saltò al collo e prese a leccargli la faccia, manco un cucciolo di bulldog. E scappò lesto verso la cina che prima era vicina e mò invece sta qua coi suoi negozi che vendono 12345678899009887777665432123 cose tutte fatte con lo stesso copertone bruciato. Viva Mao tze tung…ad libitum
08/04/2012 a 00:49
Irina
“Cioè se un apre ‘sta scatola e ce da il comando il mostro bluette te magna trecento mosche in un colpo”
V’era un’opera scondìa drento ai fuseloti dela sgorbia che se maiturava propio de questo. Dele mosche! El vecjo! De le mosche! No te se ricordi?
“… Oh, ciò… toso, mandame ‘na mosca …”.
Diseva el vecjo platà daur del caratan del’ acua. ‘Na cisterna viola xera. Daur daur. Del’ acua, daùr daùr, lui stava. No te se ricordi?
“Mostrame” diseva el vecjo.
El toso mostrava, faseva. La mosca rivava. El vecjo faseva. Robe co le mosche faseva. Faseva robe co le mosche, el vecjo!
Robe inconoscibili. No te se ricordi?
Bon. Por el prosiguo dela storia le vite de chi se spende per contarle son solo inzelecacchere, se sa. Ptfui! Ptfui!
CMQ. Comunque. La storia va avanti. Se sa. Se sa. Se va.
Due mosche inzacchellerate sopravvissero. Erano tenui, appena nate. Schifose cmq.
Quando il piccolo mostro le notò, erano ancora adolescenti, capì che sarebbero state la state la sua fine. Ma dopo molto molto tempo.
Nel frattempo … gnam! Se le mangiò. Digggestione difficile fu. Si riprese, ma non era più quello di prima. Infatti andò finalmente in Cina.
Passato di mano in mano, il Mostriciattolo Bluette, di Cina in Cina, arrivò per esempio nella casa di Shung Fui Cia. Un commerciante di pellami di cani e altro che aveva creato questa sua isola felice nel Cai-Wei, nella lontanissima provincia del Wai Wei, perduta nella foresta de Mai Nei-Sol, sulla dalla direttrce Soi Thei. Nel cuore del miocrosbo, insomma.
Estero, insomma. Estero.
Finalmente.
Lì le usanze erano diverse.
Finalmente.
Il piccolo Mostriciattolo Bluette le gradiva. Almeno così mi disse, nella fredda notte di gennaio, quando mi apparì, fosforescente più che mai, sul sentiero che giungeva alla montagna, stremato dal freddo e dalla fatica.
Suaden-te provincia dello Zwei Thung era il luogo dove mi ero rifugiato.
Era vuoto a sufficienza lì, stavo bene. Ma il sentiero aveva cominciato a movimentarsi di strani flash verdi… ed ecco ero di fronte all’ennesimo emissario. Non era verde, era bluette, in realtà, e figlio di un sacrificio. E determinato da una fame “bluette”, da quello che capivo.
08/04/2012 a 03:21
Irina
(dedicato a Opi, questo particolarissimo notturno, da gambe fuori dal letto, e poi mai più)
Fame “bluette”?
“Ecchecazzo è?” , pensai
Poi capii.
“OK” dissi mentre cominciavo a capire
“OK” mentre capivo.
O.K.
perchè non potevo capire subito … capite?
Mi ci volle un po’ … come dire, ero un eremita del cazzo su di una montagna cinese del cazzo.
Non potevo certo pensare che uno degli emissari del cazzo mandati a cazzo, capisse.
Ma un’illuminazione mi intercorse, nella notte, nel giorno di una pasqua, perchè in effetti tutto dice che c’è, esiste, una resurrezione.
Posi una condizione. Trasformare rinnovare il mondo, niente di meno.
A queste condizioni io ti sfamo.
Ok, ho capito quello che vuoi. Chimica del cervello, siamo adulti, non servono particolari.
O.k. accetto la tua resa, mostro. Scompari.
In un lavacro di serotonina. Il tuo cibo.
Io so sintetizzarla, non fosse altro che per annientarti e che la felicità sia comune. Tu di scomparire io di esistere, con un breve compito. Cambiare il mondo. Cambiare il mondo, niente di meno.
“Parigi val bene una Messa, o meglio, una Messa val bene Parigi” ,
disse, e accettò, fosforescendo.
Tutto questo fu poi così nel racconto di una dolcissima fantesca :
“Il mio amore, tatuato … dormire accanto a lui mi dà sogni da incubo, ma non c’è altro che vorrei per le mie notti”.
09/04/2012 a 14:34
opi0
chista mosca, o mostro, è proprio uscito pazzo ma va bene lo stesso. aggia farmi brucià ì ciervelle pè strabuzzà fuori un poco di mucillagine appropriata, pensò il cinese, assiso sulla grande muraglia che poi era il muraglione a destra, ‘ncoppa il lungomare di posillipo.era un cineso napulitano, figlio di una congolese e di Pascale, nato a torre del greco nel 1899.
09/04/2012 a 16:58
cf05103025
il cinese napolitano s’appicciò ‘na sicaretta ‘n coppa il lungomare di Posillipo, e pensò che il mostro bluette se l’aveva trovato il figlio suo Ciccillo dinto ‘na schifezza di uofo di pasqua accattato da cinesi veri e che ora ci stava rompendo i coglioni co ‘sto suo ballonzolare qua e là, per cui prese ‘na bella pietra e lo spiaccicò ben bene.
Ma Ciccillo pianse.
E la poltiglia schifosa blue finì in mare e un sarago la vide, e sputazzò, poi disse:
Non solo merda, anche inchiostro stilografico adesso…..
10/04/2012 a 01:03
Irina
“Arubaaa …Arubaaa … Arubaaa!”
cantavano le sirene del Mar del Cordarere mentre un vortice gigantesco si stava formando a Sud. Tutti i naviganti diretti verso Aruba ne sarebbero stati travolti.
Il piccolo pescatore bambino, acquattato sotto-vento nella piccola isola di Simia, aveva solo tre esche. Impiegò la prima. E attese. Pescò un piccolo squalo. Inforcò la seconda e attese. Pescò una sarda che si cucinò subito con uno stecco sulla sabbia perchè gli era venuta una gran fame.
“Arubaaa …Arubaaa!”
Cos’era? una folata di vento gli portò uno strano suono, seguito da un guaire come di cani annegati, molto sinistro. Qualcuno annaspava al largo.
La terza esca cadde in profondità non appena ebbe calato l’amo e allora questo vagò sguarnito nelle acque della piccola baia. E infine si impigliò in un bavero.
10/04/2012 a 01:19
Irina
…naturalmente un bavero con una vistosa macchia bluette.
11/04/2012 a 15:14
opi0
Era il bavero di corto maltese in persona, bello come tom cruise però alto il doppio. corto maleste con il suo strascico di pirati e botticelle di vino porto, scolato all’alba in quel di Lisboa mentre Domitilla Scalova cantava il fado.
AHi dolencia, ahi prudencia, hai belligeranza. tutto che vorticizza, trotttoleggia, si fa bluette con sfumature lapislazzulo, mentre il mare ribolle.
p.s. chi è Irina?
11/04/2012 a 16:04
cf05103025
Domitilla Scavola si fece pur essa bluette e fece un fado così bluette che pareva il più tragico dei blues,
e intristì terribilmente il popolo che divenne depresso bluenero e pianse
lacrime bluenere. porca eva.
11/04/2012 a 17:05
opi0
blunero, ma non interista, ci tenne a precisare corto maltese.
11/04/2012 a 20:57
cf05103025
Anzi il corto maltese, volgendo gli occhi al mare, aggiunse:
Quelli son nerazzurri e di loro non mi frega niente.
Voglio la mia goletta!
11/04/2012 a 21:56
bri
e nel dire la bocca sdegnosa si piegò di lato. Slurp.
lo attendeva una cena fastosa al lume di un candelotto e un barile di rhum da scolarsi con i marinai. E una bottigliaaa di rhum… ah, l’isola del tesoro.
Saraghi e donzellette, sardine e copechi. Domani è un altro giorno, si vedràà…ammiccando al vento e alle onde si arrampicò su una sartia.
Terraaa…
ohibò. Come poteva vederla se era buio?
la domanda rimase sospesa sul labbro e si inabissò nella saliva.
12/04/2012 a 00:09
Irina
“Saraghi e donzellette, sardine e copechi. Domani è un altro giorno, si vedràà…”
La compagnia cantava, stonata da una gigantesca luna arancio, solo lievemente interessata. (In effetti lo era).
La compagnia degli annegati si era insediata nel villaggio con falò e balli e fadi vari, con arrosti fantasma per annegati … che quelli del villaggio, fattisi distanti e oltremodo diffidenti, stavano a guardare.
– Orci muleè? –
Si sussuravano (cioè, machecazzoè?)
Nel frattempo i nerazzurri al largo continuavano ad annegare, perdendo le unghie.
Uno sciame di unghie, simili a scaglie di pesce arrivavano a ondate sulla spiaggia.
Le vecchie le raccoglievano. Da sempre tutto si raccoglieva quello che portava il mare.
Il piccolo pescatore però disse a sua nonna:
– Buot mo cheraljè, rinmama? (cioè: Masitusema, nonna?)
Barili di unghie si accumulavano sulla spiaggia.
Corto, esaurito il barile (di rhum) , trascorreva i suoi giorni da annegato a secco.
Si era sistemato oltre il cerchio gli annegati, su di un masso da cui vedeva il villaggio.
Si era già fatto le cantanti, le ballerine e le comari. E moriva di noia.
L’annoiavano le menate blues con o senza fado delle cantanti di Lisboa, orlate di inconfessata e cruda concupiscenza, le torve danze mentali di ballerine immobili come geki congelati, gli occhi vetrificati da fantasma cotto delle comari.
I compari panciuti, con riccioli di alghe tra i capelli da annegati, lo attiravano veramente, ma non osava neppure pensarlo, di avvicinarsi.
Odiava tutto. E si annoiava.
La goletta! Per andare via. Ma serviva una goletta affondata, come lui.
La macchia era nera, nera ormai, sul suo bavero. E per la sua goletta sapeva che doveva guardare sotto, non sopra.
Allora un giorno si tuffò, da uno scoglio scarso.
E si ritrovò in un mare pieno di unghie…alcune bellissime, cominciò a guardarle … mondi, su quelle unghie c’erano piccoli mondi! … bluette, manco a dirlo.
p.s. chi è Opi0?
12/04/2012 a 08:31
Cornelio
Opi è la figlia dello sceicco che n’andava in barchetta su per le onde con Cort Maltese a far l’amor per le isole greche sotto il meltemi, fin dove facevano il blue di Metilene, a Metilene
12/04/2012 a 19:32
opi0
Poi la goletta apparve all’orizzonte. cazzo, buon dio, per sant’orso! pensò Corto scalzandosi di dosso le unghie ché un poco gli facevano schifo e prese a nuotare con uno slancio nuovo, lui, affetto da vigoressia melanconica.
Avvivicinatosi alla goletta la osservò muovendo le mani nell’acqua per tenersi a galla.Beh, la goletta era di carta esattamente ripegata nel foglio di un quadernone di simil matematica da Furetto, l’ultimo della classe. Furetto dal suo banco in fondo al culo della classe bottiglia, dal suo banco navicella spaziale, dal suo banco-tana dove era solito costruire missili di legno e poi scrivere lettere pornografiche alla prof, di educazione fisica e infine cucinare su un fornelletto la frittata con le zucchine per l’ora di ricreazione. Furetto nella stiva della goletta di carta avvertì lo sguardo di Corto. Uscì sul ponte e si sporse: Ehi, vecchio coglione, vuoi un passaggio?
13/04/2012 a 10:36
cf05103025
il vecchio coglione Corto sogguardò, dapprima bieco, poi ammiccò e scese sotto coperta perchè aveva sentito ‘sto cazzo di profumo di frittata di zucchine che tirava su bene dalla cambusa. Si sedette sul banco navicella spaziale dopo aver occhieggiato ad uno strano commensale a latere di Furetto che non era altro che un enorme polito bollito ma ancora ruttante, e bluette, porcaputtana!
18/04/2012 a 10:58
Irina
Per cambiare un uomo bisogna cambiare il pubblico attraverso il quale lui si giudica. Un uomo viene definito dal suo pubblico: dalle persone, dalle istituzioni, autori, riviste, eroi cinematografici, filosofi dai quali si immagina di essere applaudito, esaltato. I grandi disturbi psicologici, le “crisi di identità”, avvengono quando un individuo incomincia a cambiare il pubblico per cui recita.
D’altro canto se gli amici approvano un anno la fedeltà e l’anno dopo l’infedeltà e l’uomo si trasforma da fedele marito in libertino, non è avvenuta nessuna rivoluzione. La regola del riscontro sul pubblico rimane intatta: è stata alterata solo l’aspettativa su una questione secondaria.
(Luke Rhinehart, L’uomo dei dadi)
18/04/2012 a 17:08
cf05103025
Può darsi, ma non so, può darsi.
Chissà che diavolo può darci?
19/04/2012 a 08:47
Irina
… un futuro libero dalla catarsi.
19/04/2012 a 19:58
opi0
ma irina chi è?
19/04/2012 a 20:02
opi0
ma se il mio pubblico sono io, che cazzo succede se io cambio? potrà mai il mio pubblico tenerni dietro in questa vertiginosa specchiante simulazione?
o diventerò una banale schizofrenica?
Standing ovation!
19/04/2012 a 20:40
bri
dopo attenta analisi su Irina, ho un sospetto, un indizio, un pensiero laterale.
Ho.
19/04/2012 a 21:17
opi0
ah, e chi sospetti che ella sia, bribrina?
19/04/2012 a 21:56
cf05103025
credo sia Irina Poniatowska, quella col cappottino bluette, che sulla Prospettiva Nevskij faceva impazzire il povero pittore Piskärev
20/04/2012 a 01:01
Irina
La sbronza che si prese Corto quel giorno lo lasciò stremato, la dolce fantesca era scesa nella stiva con una gigantesca porzione di frittata alle zucchine importate dalla Tahilandia, rosse come pomodori.
Infatti sembrava una pizza, più che una frittata. Ma non riuscì a svegliarlo.
E allora seduta sui gradini se la mangiò, tornò in coperta e disse tutto o.k.
Ma Corto dormiva, russava e sognava. Sognava uno strano cancello pieno di animali di ferro. Era all’entrata di una fazenda, della quale si vedeva solo il lunghissimo viale d’ingresso, un tunnel di cactus giganteschi e rose fiorite.
Lontano, laggiù, un gruppo di persone si avvicinava, ma il sogno era strano e un po’ ossessivo, la puzza di rhum sul suo bavero era orripilante.
Il gruppo di persone si avvicinava, poi si sgranava, poi spariva, non riusciva a riconoscere nemmeno una persona e intanto il sogno ricominciava.
Ricominciava con un volo di uccelli o di anatre, altissimo nel cielo. Che si posavano sul cancello, poi arrivava un cojote e anche lui si metteva sul cancello, poi arrivavano due serpenti e anche loro sul cancello, poi due lepri, sul cancello. Quando toccavano il cancello gli animali diventavano neri e immobili, di ferro.
Poi cominciava la sequenza del gruppo di persone, di cui sentiva le voci, non appena apparivano. Erano voci che aveva già conosciuto non aveva dubbi, e si aspettava di riconoscere i volti, ma non arrivavano mai abbastanza vicino.
E lui era al di qua del cancello e non poteva entrare, ma non era solo questo, era che, per assurdo, gli sembrava di non avere neppure le gambe per camminare.
E il sogno si fermava sempre allo stesso punto e ricominciava, nella notte senza fine degli abissi, dove la goletta vagava seguita da nugoli di pesci piccoli grandi ed enormi.
Chi avrebbe svegliato Corto?
Da dentro quel sogno di cui aveva piene le scatole, promise una bisaccia di dobloni a chi fosse riuscito a svegliarlo.
Ma non aveva molte speranze che a qualcuno importasse dei suoi dobloni…
e allora bluffò… ah, che fantastica idea gli era venuta!
Bluffò, gli era venuta una sgnora idea, un’idea … bluette!
20/04/2012 a 09:14
bri
si paleserà, si paleserà. (forse).
poi, magari sbaglio, eppure… la scrittura non mente 😉
20/04/2012 a 17:29
opi0
secondo me è il tenente P, però forse è la signora turboscopa.
20/04/2012 a 17:32
opi0
bah.e l’idea che gli venne fu quella di dedicarsi a un tatuaggio.Così si disegnò sulla pelle, all’altezza dell’ombelico, una porticina minuscola ma completa di chiavistello. Soltanto una pulce dotata di chiave e buona volontà avrebbe potuto varcarla.
20/04/2012 a 17:35
opi0
e infatti arrivò Samantha, pulce escort, coi capelli frisee e borsa vutton.
20/04/2012 a 18:42
cf05103025
Samantha, pulce industriosa
e escort assai risparmiosa,
munita di trapano avvitatore bluette,
ci fece un buco dint’a sta pansètt,
e dentro che vi fu,
s’appicciò na sigarètt.
Dall’ombelico uscì un fumo tutto cilestrino
che fece piagner un pidocchio, lì vicino.
21/04/2012 a 14:37
bri
no, il tenente no, non credo proprio, ma qui si va a supposizioni.
ma, poi, è importante sapere chi è?
😉
22/04/2012 a 11:43
opi0
guarda che non sono io, bri, giuro. secondo me è mantastega
21/04/2012 a 19:27
cf05103025
il tenente P. non è bluette.
E’ virante verso quel rosso dei pantaloni cartografi…:-)
22/04/2012 a 18:07
cf05103025
cos’è “mantastega” ?
22/04/2012 a 18:21
opi0
matastrega, scusa, cioè turboscopa
22/04/2012 a 18:28
Irina
Mantastrega era il nome dell’opera nera degli abissi. Un biscia lunga 14 metri. Viveva acciambellata sul fondo. Ogni poro della sua pelle si nutriva di plancton ed espelleva frammenti calcarei. Infatti, una nube, un pulviscolo biancastro e fosforescente, pieno di lucori adamantini, la circondava celando le sue fattezze.
Per di più la Mantrastrega si rintanava negli antri cretacei del fondo sotto la catena delle Ande.
Poteva viaggiare per kilometri di antro in antro senza essere vista.
Corto voleva un tatuaggio particolare, una geografia dei denti di Mantastrega.
Gli serviva , la sua painta dei denti. Quanti denti aveva quell’essere lì?
Se lo chiedeva da quando era bambino. Da quando sua zia gliene aveva parlato. Sua zia, classe 1895, era stata la prima donna palombaro a tuffarsi, viva, nelle acque del lago di Smollensung, vicino allo Zuideer Zee.
E l’aveva vista, quella biscia gigante.
22/04/2012 a 19:02
opi0
Era gigante, ma buona, la biscia.
Infatti intessè con la zia un fitto pettegolezzo sull’ultima sfilata di Jean Paul Gaultier.
Lei amava il classico, la biscia.
Le donava lo strascico.
22/04/2012 a 20:18
cf05103025
Le donava lo strascico. Sì.
S’era fatto fare ‘no strascico lungo 72 metri firmato, appunto, da Jean Paul Gualtier. naturalmente bluette.
Settantadue ricamatrici l’avevano ricamato, settantadue cucitrici l’avevano cucito, settantadue stiratrici l’avevano stirato.
Un pesce gatto di nome Silvano l’aveva cacato.
Mantastrega si offese a morte e inseguì Silvano per miglia e miglia, ma lo strascico l’impacciava, ed arrivò fino nella foce del Po dove quasi stava per divorarsi il pesce gatto. Però mentre apriva la sua enorme bocca Corto sopraggiunse co’ la sua macchina fotografica inglese e sparò un flash sulla sua bocca aperta ed accecò la gigantesca biscia, mainquadrò benissimo i suoi denti buette.
Silvano fuggì e ci fece ‘na pernacchia.
Corto lo salutò militarmente.
A Gaultier a momenti ci viene ‘n’apoplessia ed esclamò:
Mondieu, mondieu, che cazz m’accadieu, je m’en vais toudesuite, oho ohoh parbleu, Silvain c’est un vrai vilain! Oho ohoh, me vien nu mancamènt si no sto attent
24/04/2012 a 18:46
bri
no. non sei tu, tu…
era tardi, dannatamente tardi, si disse, la biscia gaulteriana,
lo strascico le dava un che di allampanato, oserei dire lagerfildiano.
suvvia! Quella donna aveva osato tuffarsi; viva! nelle acque del lago.
Viva! dunque era una minaccia. Il fondo fangoso ribolliva, aveva riposto la veste strascicante in una grotta, pronta per la sua bella figura al cospetto del pesce siluro.Ma un pensiero sbriciolava il suo cervello di rettile. Dov’era la donna palombaro? dove si era celata? sotto quale roccia antro, grotta, palude? dove?
24/04/2012 a 21:15
opi0
dentro un’ostrica? nun se sape, direbbe biandbo.
Tuttavia l’acqua del mare ribolle e domani arriverà il caldo che squaglierà la neve. La biscia intanto, pensosa e languida, si ripassa il rossetto sulle labbra. Un giorno si farà perfino un lifting e lascerà la sua pelle vecchia appesa alla stampella nell’armadio. Poi, saettante come quand’era giovinetta, si lancerà in nuove mirabolanti avventure.
Corto nel frattempo ha scritto ‘sta lettera:
caro Barbanera, il tuo calendario quest’anno manca di un mese: agosto. Dove cazzo l’hai nascosto? Che farò il 31 lunglio? I monsoni e le orche marine al largo delle isole ogbhistirgiutsgs, mi aspettano.
24/04/2012 a 21:48
ferrugnonudo
qui c’è tutto un mondo…
25/04/2012 a 00:57
Irina
La donna palombaro, morta dopo la visione, si era mummificata in un bitorzolo di madreperla sull’orlo della guaina opalica spruzzata di makarel della barriera corallina di ponente, dove stazionavano le salme illustri di tutti i tempi. In vari stadi di decomposizione.
Di qualcuno era rimasto un occhio, che si svegliava ogni mattina puntuale sempre alla stessa ora, di qualcun’ altro era rimasta la cartilagine del naso, che starnutiva a ogni passaggio di delfino per storie di antiche allergie. Di qualcun altro ancora era rimasta la bocca e la lingua, perchè una vita non era stata sufficiente a curare il tic della micro leccata di labbra in presenza del cibo. Oh … beh! C’era di tutto lì.
Quelli di cui erano rimaste le voci si parlavano continuamente, borbottii e monosillabi da direzioni impreviste, ma loro si capivano.
Mantastrega, affezionata com’era ai freaks della zona, non mancava mai di fare una visita. Arrivava verso sera, quando il colore dell’acqua cambiava e come un segnale che si propagava per l’oceano seguendo la fuga del sole, una frenesia si impadroniva degli esseri subacquei. Che strambavano, si riunivano, o si discostavano, e fremevano e vibravano …
Lei, con calma e serafica, solo aumentando di poco la nube di pulviscolo in cui viaggiava, arrivava e per cominciare si compiaceva di essere una creatura subacquea.
Ma poi cominciava a sognare del mondo di sopra e a sognare e a sognare… di andarci in giorno, magari sotto forma di aspirapolvere.
25/04/2012 a 00:59
Irina
Marca: Bluette Vacuoom Machine.
25/04/2012 a 09:23
cf05103025
Corto stava preoccupato assai, anche perché, interrogato il suo oscuro timoniere malese Biandbo su dove stesse dirigendo la barra del timone della sua magnifica goletta, questo rispose in bahasa melayu: Nun se sape…
A quella risposta così irriverente Corto gli mollò un gran spintone e lo lanciò fuori bordo, spietatamente, in bocca ai pescecani.
Tuttavia il malese maledetto non cadde nelle terrificanti fauci degli squali australi ma finì nella singolare bocca aspirante di un nuovo mostro marino che era emerso dai flutti in quel preciso momento, cioè il rutilante Bluette Vacuum Machine che con una sola gigantesca sorsata se lo mandò nel suo stomaco rotante col modernissimo sistema Root Cyclone.
Laggiù in quei meandri meccanico dedalici lo sciaugurato malese fu asperso in tutte le sue cellule e pori dal tipico colore bluette che la bestiona secerneva in gran quantità. Quindi fu digerito e ridotto in milioni di cellule che furono, poi, espulse dal filtro e disperse nei baratri della fossa delle Marianne.
Comunque Corto aveva fatto ‘na bella cazzata, perché adesso doveva stare sempre lui al timone, e la goletta era dura da condurre, e poi a Yorktown non aveva fatto cambiare l’olio, porcaputtanalamiseria
25/04/2012 a 11:10
opi0
poi arrivò un peyote in carne e ossa e disse: state boni.
25/04/2012 a 11:18
Irina
Porcaputtanalamiseriò per un paio d’ore di seguito. Poi la goletta si fermò in panne e non c’era più bisogno di stare al timone.
Non si andava da nessuna parte. In mezzo all’oceano con quindici croste di formaggio e una bottiglia di rhum! Facile capire come sarebbe andata a finire…
Ma l’acqua ogni tanto ribolliva in maniera strana… e Corto non osava sbronzarsi prima di aver capito cos’era…
25/04/2012 a 11:24
Irina
il peyote in carne ed ossa si presentò sul ponte. Con la carne e le ossa di qualcuno che Corto conosceva molto ma molto bene…
– Perchè parli al plurale? chiese Corto
– Perchè siete in due qui sopra, disse il peyote, con quella che sambrava la sua adorabile bocca arancione ma che in realtà era una medusa…
25/04/2012 a 19:41
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Ma il perfido malese non era del tutto estinto.
Perché le sue cellule molteplici negli abissi delle Marianne si ricomposero per la enorme pressione e, ripresa sembianza quasi umana, risalì alla superficie sulla groppa di un meraviglioso capodoglio di nome Ciccillo.
Arrivato nei pressi della goletta di Corto, ringraziò e salutò l’emerito cetaceo, poi si arrampicò agilmente per la murata e salì a bordo.
Corto nel vederlo ci venne uno spavento bestiale ed esclamò:
Ma che cazzo vuoi ancora?
L’infame malese rispose, ridacchiando sotto i suoi laidi baffi medusacei:
Nun se sape…
Però ‘na sorsatina di rhum non guasterebbe!
28/04/2012 a 16:08
Irina
Però non era aria. Non c’era aria per nessuno. Rhum, questo sì. Erano stanchi i due e si rifugiarono in un con-dominio lì, nei pressi.
Avevano portato delle provviste di lusso. Un’aragosta in ghiaccio verde, un opera del demonio, un quadro, e delle erbe, ottime erbe da passare all’olio e aglio. Senza strafare.
Si apprestarono a cucinare, nelle cucina angusta del con-dominionio sulla direttirice sud, verso Venezia.
Cucinò il marittimo, il fantasma dalla bocca arancione stette a guardare.
Piegato sul piccolo tavolo di formica della cucina. Come una marionetta spenta. Scriveva sul suo quaderno di appunti, chissà che appunti, poi.
Pensava a dove si trovava, un piccolo emiciclo, racchiuso in una circonferenza, linea di una sfera, punto di una circonferenza, e non si dava pace per quel suo continuo vorticare, intorno alla circonferenza, intorno alla sfera … insomma perduto in un punto qualsiasi del tempo, così qualsiasi che … decise di dare un’occhiata al quadro.
Per distrarsi. Era un’opera del demonio, gli avevano detto. E lui, fantasma avrebbe dovuto saperne qualcosa. Si rinfrancò, in ogni caso. Non era l’opera del demonio. Se per demonionio non s’intende un vuoto propoagarsi di energia insulsa, un caracollare di ambizione stordita.
Un cane di discorso idiota, abbandonato sull’autostrada …
28/04/2012 a 16:11
Irina
…o accudito da chi passa di lì, convinto di avere ancora tempo da sprecare.
28/04/2012 a 16:29
Irina
Ma un particolare, caldo, lo conquistò. Come una nostalgia. Allora si mangiò due chele dell’aragosta, mentre l’altro, fisso, all’altro capo del tavolo stava immobile ad aspettare la sua reazione. E si allargò in un sorriso.
“Basta cazzate, che tempo farà domani?” In uno o un altro tempo dobbiamo stare, per cui mettiamo che piova in montagna e ci sia il sole al mare.
“Posso portarmi il con-dominio?” rispose, chiedendo, il fantasma dell’orrido-maltese-con-una-meravigliosa-bocca-arancione-che-però-era-una-medusa.
“Sì. Basta che andiamo” rispose Corto.
28/04/2012 a 21:00
cf05103025
Sì, – disse il Corto .
Poi si voltò e vide, specchiata nelle pupille del suo commensale la sua sagoma.
Era diventato molto più lungo.
29/04/2012 a 12:41
bri
ehm
29/04/2012 a 13:17
cf05103025
uhm
29/04/2012 a 15:04
bri
ohibò, pensò. Specchio, specchio delle mie, mie? La sua anima specchiata, pura, incontaminata, celestina. I fumi dell’alcol ingurgitato si agitavano davanti alle pupille dilatate. Fumi, fiumi d’inchiostro, vasi di pandoro, coppe dal cui orlo (brim) spritzava chinotto, chele di ragno, teste di meduse urlanti. Ohibò. Si ripetè e cadde di colpo addormentandosi con la bocca sul collo della bottiglia di rhum. Dov’era il barilotto? a propos.
intanto nel mare infuriava la tempesta.
29/04/2012 a 16:07
cf05103025
Dov’era il barilotto?
Se l’era mica imbolato lo specchio?
Ma si sa, gli specchi cilestrini non sono oggetti veridici ed affidabili.
Per cui sùpponesi che il barilotto di rhum se lo fosse fregato lo specchio giacché rimandava immagini rutilanti e ballonzolanti.
E lo specchio specchiava un sogno o esso stesso era sogno o fanfaluca o fatamorgana?
La Fata Morgana, messa in causa, s’adirò assai e sviluppò intorno un fregoroso turbine di meduse, perfidi malesi, Bluette Vacuum Machines, e Mantastreghe che invasero la tolda e procurarono all’imbarcazione seri danni. Specie alla chiglia ove una falla paurosa fece entrare anche Apollo e Dafne avvolti in una tovaglia ricamata del ‘600, completamente ubbriachi di rhum.
02/05/2012 a 00:05
Irina
Apollo si svegliò, Dafne poco dopo. – Troppo tardi! – disse qualcuno sporgendo la testa mentre la tempesta lo avviluppava.
– Moriamooo tuuutti! – disse un’altra testa uscita dal vortice che diventava sempre più furioso.
– Sìììì, lo sooooo!
Fece appena in tempo a dire un’altra.
La tempesta urlò improperi, dall’interno del vortice provenivano pianti e clamori. Che durarono assai.
02/05/2012 a 09:58
cf05103025
Giove dall’alto dei suoi vaporosi nembi rimirava distratto la scena.
Ci buttò giù ‘na scaletta cerulea per i suoi olimpici Apollo e Dafne affinché si ponessero in salvo, poi scorreggiò, quindi esclamò:
Che razza di scassacazzi bluette, sti tipi!
E pensare che il cartografo tatuatore prometteva bene, porcahera, quasiquasi ci conferisco l’onore della semidivinità!
02/05/2012 a 21:02
opi0
poi arrivarono anche Minerva la secchiona, Giunone affetta da delirio di gelosia e Mercurio il maniacale. Gli dei sono tutti pazzi, si sa. Vulcano invece,l’unico savio,( somigliava tal et qual a Charles Bukowschi in uno dei suoi readings più disperati) restò nella sua fucina, in mutande, a distillare acquavite.
03/05/2012 a 09:01
cf05103025
Ercole che aveva fatto tante fatiche per cui era stanco morto passò da Vulcano a farsi una brinda di acquavite per tirarsi un po’ su.
Lì, presso la fucina seppe la nuova che ‘sto cazzo del padre Zeus ci voleva concedere la semidivinità a un cartografo tatuatore.
Al che s’incazzò assai, perché era gelosissimo delle sue prerogative di semidivinità o eroicità, mulinò la mazza e urlò roboando dentro l’antro di Efesto:
Porcahera! Ma anche agli extracomunitari adesso ci danno la semidivinità, te l’aggiusto io quello lì!
08/05/2012 a 22:19
Irina
Il cartografo tatutore superò la prima prova . Si trattava di provare la presenza del seme divino con un taglio di capelli. A Zeus. Allora il cartografo lo fece bellissimo come lo Zeus di Ugento e andò.
La seconda prova era molto pericolosa. Si trattava di spiccare il volo e raggiungere l’altra sponda del Mediterraneo, serviva un aliante.
10/05/2012 a 00:09
Irina
Un aliante e … una bottiglia di rhum! Of course.
No, vino in cartone, sorry. Se volesse omaggiarmi lei con del vino, invece, cartonato, beh, … come dire. Come cazzo dire. Non me ne frega un c.zz, eK ! … però magari alla fine gradirei. O no, chissà?
Poco fa andare la storia, qua. La storia qua è andata nell’Olimpo.
Nell’Olimpo, chepalle.
… e quale miglior girdino in cui giocare?
Giò chiamo!
Io sono Minerva.
Per prima cosa distruggo il giardino con un laser sonoro che mette tutti i cervelli del circondario in fase Alfa Alfa. Il contrario di rem.
I love Rem.
10/05/2012 a 00:37
Irina
Poi, mi congedo con un distante inchino di ombrelli.
10/05/2012 a 10:00
bri
eh, ha…
10/05/2012 a 10:11
cf05103025
già
10/05/2012 a 11:20
bri
dadaumpa.. 🙂
10/05/2012 a 14:04
cf05103025
Il cartografo si arruolò nell’UNPA, ma era ormai troppo tardi.
http://www.lombardiabeniculturali.it/archivi/profili-istituzionali/MIDL000232/
10/05/2012 a 21:16
opi0
nell’ombrello di derrida vivono fate che pascolano armadilli.
10/05/2012 a 21:18
opi0
e il tatuatore cantò una vecchia canzone:
volevo essere un tuffatore
col rigonfio nel costume
di bellezza non comune
eh sì, volevo essere un tuffatore.
13/05/2012 a 13:43
bri
dagli haiku ai limericks.
grande!
13/05/2012 a 16:45
cf05103025
poi mi tolsi il reo costume
e tatuaimi sulle palle
di Venezia
più di un calle